L’abbandono di animali è reato!
Roma – L’abbandono di animali quale intenzionale allontanamento di un animale domestico o
d’affezione di cui si è responsabili, oltre ad essere una pratica riprovevole e particolarmente
pericolosa poiché, quando non fonte di incidenti stradali, può portare al randagismo ed alla
conseguente conversione dell’animale alla vita selvatica, è un reato contravvenzionale che il nostro
ordinamento prevede e punisce all’articolo 727 del codice penale.
Tale norma, in particolare, prevede testualmente che: “Chiunque abbandona animali domestici o
che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con
l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni
incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
L’elemento soggettivo per integrare tale figura di reato è la colpa (negligenza, imperizia,
imprudenza) e si tratta di una norma che ricomprende due fattispecie: l’abbandono di animali e la
loro detenzione in condizioni che contrastano con la natura e generano sofferenze.
Tale norma trova la sua ragion d’essere nell’esigenza che venga tutelato il sentimento di comune
pietà verso gli animali e nell’obiettivo di promuovere l’educazione civile attraverso la lotta
all’insensibilità ed alla crudeltà. Gli animali, infatti, vanno considerati come degli esseri senzienti,
dotati di una propria sensibilità e in grado di percepire il dolore che può derivare dall’abbandono
e/o dalla mancanza delle dovute attenzioni.
Il problema della tutela della vita animale all’interno della società ha, a partire dallo scorso secolo,
sollevato un ampio dibattito su scala mondiale, che ha visto coinvolti svariate categorie di
professionisti ed ha portato alla nascita della dichiarazione universale dei diritti deli animali,
proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell’Unesco a Parigi, primo provvedimento internazionale
che educa al rispetto di ogni forma di vita. Anche se il Documento non ha alcun valore sul piano
giuridico-legislativo, rappresenta una dichiarazione di intenti e un’assunzione di responsabilità
ineludibile da parte dell’uomo nei confronti degli animali.
Tuttavia, prima dell’entrata in vigore della legge 189/2004, l’art. 727 del c.p. rappresentava l’unica
norma che sanzionava comportamenti idonei a provocare sofferenza agli animali. A seguito
dell’intervento normativo, si è fatto un ulteriore passo verso quello che è il riconoscimento di un
certo loro grado di soggettività anche agli animali, in linea con quello che è il portato dell’art. 14,
lett. b) della dichiarazione universale dei diritti degli animali, secondo la quale “i diritti dell’animale
devono essere difesi dalla legge come i diritti dell’uomo”.
La tutela degli animali nell’ordinamento risulta rafforzata, grazie all’introduzione all’interno del libro
II del codice penale, del titolo IX Bis, rubricato “Delitti contro il sentimento degli animali”. La portata
di tale intervento normativo è ravvisabile soprattutto nel ruolo ora rivestito dall’articolo 727 c.p.
reato che punisce l’abbandono di animali (in passato rubricato maltrattamento di animali), il
maltrattamento è stato ricondotto al nuovo art. 544-ter e per esso è stato previsto un più grave
regime sanzionatorio.
Il concetto di abbandono va ricondotto alla trascuratezza o al disinteresse verso l’animale e non
invece all’incrudelimento nei suoi confronti o all’inflizione di sofferenze gratuite, atteggiamenti che
sono puniti con il reato di maltrattamento. Per abbandono non deve intendersi la solo ed esclusiva
volontà di abbandonare l’animale, ma deve coincidere con l’intento più in generale di non
prendersene cura, sapendo che quest’ultimo non può provvedere autonomamente a se