Conto corrente: con il solo codice Iban è possibile effettuare prelievi non autorizzati?

Roma – Dare il codice IBAN e i propri dati anagrafici è un’azione a volte necessaria  per compiere delle transazioni. Il titolare di un conto corrente può trovarsi costretto a fornire gli estremi del codice Iban qualora un terzo gli debba effettuare un pagamento o un rimborso: si pensi al datore di lavoro, a un cliente o anche a un amico che deve ricevere un pagamento e non possiede un proprio conto di appoggio. Ma spesso ci si pone la domanda se ciò non sia rischioso. Il dubbio che ci assale è se, conoscendo le coordinate bancarie, si possa risalire all’intestatario del conto corrente e si possa così favorire il rischio di eventuali frodi o truffe online, come ultimamente accade. Cerchiamo di capire meglio come funziona un conto corrente e quali rischi comporta.

Cos’è e come funziona il codice Iban

Il codice Iban è una coordinata bancaria grazie alla quale è possibile identificare in modo inequivocabile ed assoluto il conto corrente nonché l’intestatario. La sua composizione si basa sulle indicazioni dell’European Committee for Banking Standards che abbreviato è ECBS e consta di 27 caratteri alfanumerici almeno nel nostro paese. In altri arriva fino a 34.

Le Banche, quindi, possono verificare i dettagli relativi al conto corrente anche grazie alle informazioni e alle caratteristiche fornite dall’Iban. Molti si chiedono però quali siano i rischi nel comunicare il proprio codice Iban e se sia possibile prelevare denaro dal conto corrente bancario con il solo Iban senza autorizzazione.

Con il solo codice IBAN è possibile effettuare prelievi non autorizzati?

Grazie al codice Iban è possibile solo effettuare pagamenti a favore dell’intestatario del conto. Non è invece possibile addebitare spese o effettuare prelievi non autorizzati a carico di quest’ultimo. Insomma, con l’Iban si può solo “dare” e non “prendere”.

La possibilità che qualcuno possa prelevare dal nostro conto corrente delle somme di denaro passa, infatti, per altri strumenti che non consistono certo nella comunicazione dell’Iban. Ad esempio:

  • è possibile effettuare un addebito su un conto nel momento in cui si firma un Rid: si tratta di un modulo con cui si autorizza la propria banca ad effettuare un pagamento periodico in favore di un altro soggetto, senza bisogno di successivi e specifici ordini (R.I.D. sta infatti per “rapporto interbancario diretto”). In pratica la banca sa che, ad ogni scadenza individuata dal cliente (ad esempio, il 1° di ogni mese) dovrà prelevare una somma dal suo conto e versarla sul conto di un altro soggetto. Questo metodo avviene spesso per il pagamento del canone di affitto, che va versato sempre nella stessa misura e alla medesima scadenza. Il Rid. deve essere firmato espressamente dal titolare del conto e consegnato alla propria banca oppure inviato per via telematica, tramite home-banking;
  • è possibile prelevare somme da un conto corrente nel momento in cui si conoscono le credenziali di accesso alla relativa home-banking, ossia al pannello di controllo su internet che consente di effettuare operazioni online. In verità le tecniche degli hackers si sono raffinate in tutti questi anni e riescono a trarre nella rete del phishing sempre più persone. Ma difendersi è davvero molto semplice e richiede un minimo di accortezza: dotare il proprio computer di un antivirus; non comunicare mai a terzi le proprie credenziali di accesso all’home banking; non accedere mai al proprio pannello di controllo da link presenti su email, ma aprire autonomamente il browser (ad esempio Explorer) e digitare l’indirizzo sulla barra in alto.

Una banca non può mai autorizzare un pagamento o un addebito a carico di un conto con la semplice comunicazione dell’Iban. Diversamente, se così fosse, tutti i clienti di una società, che devono effettuare pagamenti in favore di quest’ultima, e che quindi hanno ottenuto il relativo Iban alle cui coordinate bonificare l’importo, potrebbero il giorno dopo riprendersi i soldi, magari comunicando detto codice a terzi e amplificando così il rischio di truffe.

Cosa si rischi a dare l’autorizzazione a prelevare dal proprio conto corrente?

Per poter accedere al conto bancario di un cliente occorre una specifica autorizzazione. Ciò accade per esempio quando l’intestatario di un conto accetta e quindi autorizza la domiciliazione bancaria delle utenze domestiche o di altri pagamenti. Può infatti succedere che il correntista autorizzi a prelevare soldi i fornitori di energia elettrica o uno specifico gestore telefonico per il pagamento della ricarica mensile e così via. Ma, in quali casi con il codice IBAN possono prelevare soldi dal conto corrente senza l’esplicito consenso del titolare? Sebbene non si tratti di un’operazione semplice e che avviene molto di frequente è possibile cadere vittim2a di truffe a seguito di un intervento di hacking.

Con il termine inglese “hacking” si indicano le diverse modalità e tecniche tramite cui, chi ha particolari abilità informatiche, riesce ad accedere ai sistemi hardware o software. Pertanto può accadere che un hacker che viene a conoscenza del codice IBAN riesca ad accedere a dati sensibili. Come ad esempio i codici di ingresso dell’home banking. E’ bene ribadire che non si tratta di un’operazione semplice e raramente si cade vittima di simili raggiri sui depositi bancari. Pur tuttavia conviene anche sapere che fornendo dati anagrafici e codice IBAN potrebbe succedere che un abile truffaldino utilizzi documenti e firma falsa per effettuare prelievi. Fortunatamente, anche questa è un’azione illecita che i controlli bancari riescono a contrastare e a rilevare con estrema facilità.

 

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