Contributi anticovid, concessi anche con carichi pendenti
Le somme corrisposte dall’Agenzia delle entrate a seguito dell’emergenza epidemiologica non soggiacciono alle regole in materia di verifica preventiva della fedeltà fiscale
Roma – Chi ha debiti con la Pa può comunque accedere ai “contributi anti Covid”, non trovando applicazione, per tale forma di sostegno, la disposizione secondo cui, prima di effettuare il pagamento di un importo superiore a 5mila euro, occorre controllare se il beneficiario risulta inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a quella cifra. La norma, essendo di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva.
Lo prevede, in un’ottica agevolativa e di semplificazione, il decreto legge 209/2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 294 di sabato 11 dicembre. Il provvedimento reca alcune misure urgenti finanziarie e fiscali, tra le quali l’assegnazione di nuove risorse: al gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale (Rfi – Rete ferroviaria italiana) a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale; per l’acquisto di vaccini e farmaci destinati alla prevenzione e cura del Covid 19; per lo svolgimento delle attività di pubblica sicurezza da parte delle forze di polizia e delle forze armate connesse al contenimento del contagio da coronavirus.
In ambito fiscale, l’articolo 3 contiene una norma di interpretazione autentica in materia di contributi a fondo perduto assegnati a seguito dell’emergenza sanitaria, specificando che alla loro erogazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, non si applica la procedura prescritta dall’articolo 48-bis del Dpr n. 602/1973 (“Disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni”).
Si tratta della preventiva verifica di fedeltà fiscale che va posta in essere, da parte del soggetto pagatore (amministrazioni pubbliche, comprese le agenzie fiscali, e società a prevalente partecipazione pubblica), prima di effettuare, a qualsiasi titolo, il pagamento di un importo superiore a 5mila euro nei confronti di privati e imprese. In tali circostanze, occorre accertare se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a quell’importo (5mila euro).
A tal fine, il soggetto pubblico invia, in via telematica, una specifica richiesta all’Agenzia delle entrate – Riscossione, affinché la stessa verifichi se sul beneficiario del pagamento gravino carichi fiscali pendenti.
In caso affermativo, l’Ader, entro i cinque giorni feriali successivi alla ricezione della richiesta, comunica la circostanza al soggetto pubblico, che di conseguenza non procede al pagamento, e si attiva per la riscossione delle somme iscritte a ruolo. La comunicazione contiene anche l’indicazione dell’ammontare del debito, comprensivo delle spese esecutive e degli interessi di mora, nonché la manifestazione dell’intenzione di avviare la procedura di “pignoramento dei crediti verso terzi” (articolo 72-bis, Dpr n. 602/1973), cioè di notificare al soggetto pubblico l’ordine di versargli direttamente la somma fino a concorrenza del debito pendente.
Viceversa, se non risulta alcun inadempimento oppure se l’agente non fornisce risposta nel termine previsto (cioè, cinque giorni feriali successivi alla ricezione della richiesta), il soggetto pubblico liquida al beneficiario le somme spettanti.
L’interpretazione per i contributi a fondo perduto
La disposizione appena introdotta, dunque, chiarisce che la descritta procedura relativa al blocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni non va osservata in relazione ai contributi a fondo perduto istituiti dalla legislazione emergenziale e materialmente erogati dall’Agenzia delle entrate. Pertanto, chi ha chiesto accesso agli “aiuti anti Covid” non corre il rischio di vederseli rifiutare dall’amministrazione finanziaria per la presenza di carichi fiscali pendenti.
È una norma di interpretazione autentica, pertanto ha efficacia retroattiva. Ne consegue che, se la procedura di verifica è già stata attivata, l’agente della riscossione non è tenuto a rispondere all’eventuale richiesta del soggetto pubblico (l’Agenzia delle entrate); invece, se l’Ader ha già accertato e comunicato l’inadempienza del beneficiario, i contributi devono comunque essere corrisposti.