Il diritto alla riscossione decorre dall’estinzione del giudizio

Respinta la tesi della società secondo cui l'iscrizione a ruolo degli importi era avvenuta oltre i termini massimi riconosciuti all'amministrazione finanziaria per attivare la pretesa tributaria

ROMA – È tempestiva la notifica della cartella avvenuta entro due anni da quando il giudizio si è estinto per mancata riassunzione della causa e la pretesa tributaria è divenuta definitiva. È da quel momento che il diritto alla riscossione dell’intera pretesa può essere fatto valere. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 7444 dell’8 marzo 2022, con cui ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
La vicenda parte da alcuni avvisi di recupero con cui l’Agenzia delle entrate recuperava crediti di imposta indebitamente fruiti. La controversia giungeva in Cassazione che, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle entrate, annullava le decisioni di appello, affermando che l’avviso con il quale l’ufficio procede al recupero del credito d’imposta ex legge n. 388/2000, per insussistenza delle condizioni del beneficio, rientra nel novero dei provvedimenti impositivi presupposti al diniego delle fruite agevolazioni come tali impugnabili avanti le Commissioni tributarie ai sensi dell’articolo 19 del Dlgs n. 546/1992.
Nessuna delle due parti provvedeva alla riassunzione del giudizio. Decorso un anno e quarantasei giorni, e maturata quindi l’estinzione del giudizio il 17 aprile 2010, l’Amministrazione finanziaria notificava il 18 agosto e il 2 settembre 2010 le cartelle di pagamento oggetto del giudizio concluso con la pronuncia in commento.
Secondo la società l’iscrizione a ruolo degli importi sarebbe stata effettuata oltre i termini massimi riconosciuti all’Amministrazione finanziaria, a pena di decadenza, per poter azionare la pretesa tributaria in base alla normativa applicabile, in violazione dell’articolo 25, lettera c) del Dpr n. 602/1973.
Secondo la tesi dell’Agenzia delle entrate, trovava applicazione l’articolo 63, comma 2, del Dlgs n. 546/1992: dalla mancata riassunzione l’intero processo si era estinto, conseguendone la definitività dell’atto originariamente impugnato, e solo da quella data avrebbe iniziato a decorrere il termine utile per la notificazione delle cartelle esattoriali, ampiamente rispettato.
La Ctr Umbria annullava le cartelle di pagamento, con pronuncia ribaltata in sede di legittimità.
Nel caso in esame la Ctr è caduta in confusione tra la disciplina degli istituti della prescrizione e della decadenza, avendo ritenuto decaduto l’ufficio dal potere di azionare la pretesa tributaria, a seguito dell’estinzione del giudizio avente ad oggetto gli avvisi di recupero, per effetto della mancata riassunzione del processo ad opera delle parti, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di legittimità.
La pronuncia di estinzione del giudizio comporta la definitività dell’avviso di accertamento tributario, e il termine utile per evitare ogni decadenza, richiedendo il pagamento delle somme dovute dal contribuente, decorre dal momento in cui l’atto impositivo diviene definitivo.

Quando, a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, la definitività dell’accertamento fiscale dipende dalla mancata riassunzione del giudizio ad opera delle parti, il termine di decadenza inizierà a decorrere da quando il giudizio si è estinto, essendosi esaurito il tempo utile per provvedere alla riassunzione. A nulla rileva il potere dell’amministrazione finanziaria di procedere ad esecuzione parziale provvisoria in corso di causa di accertamento (ora espressamente regolamentato dall’articolo 68, comma 1, lettera c-bis del Dlgs n. 546/1992).
Il diritto alla riscossione di un’imposta, azionato mediante emissione di cartella di pagamento e fondato su un accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza dei due anni rispetto a quando l’accertamento è divenuto definitivo, bensì al termine di prescrizione decennale (Cassazione n. 9076/2017). Nel caso di specie, ciò che è divenuto definitivo a seguito della mancata riassunzione del giudizio, non è l’accertamento giudiziale della debenza del tributo, bensì l’originario avviso di accertamento (Cassazione n. 15874/2018).
Questo il principio di diritto affermato: ai fini della tempestiva notificazione del primo atto di esazione tributaria i termini di decadenza, di cui all’articolo 25 del Dpr n. 602/1973, iniziano a decorrere da quando la pretesa tributaria è divenuta definitiva e pertanto, ove a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, la definitività dell’accertamento fiscale dipenda dalla mancata riassunzione del giudizio ad opera delle parti, il termine di decadenza inizierà a decorrere da quando il giudizio si è estinto, essendosi esaurito il tempo utile per provvedere alla riassunzione, rimanendo a tal fine irrilevante il potere dell’Amministrazione finanziaria di procedere ad esecuzione parziale provvisoria in corso di causa di accertamento, ed anche la disciplina delle cause di sospensione ed interruzione proprie non della decadenza, bensì della prescrizione.

Ulteriori osservazioni
In tema di contenzioso tributario, l’estinzione del processo all’esito della cassazione con rinvio della sentenza di merito e dell’omessa riassunzione del giudizio è rilevata anche d’ufficio ex articoli 45, comma 3, e 63 del Dlgs n. 546/1992, e si estende non soltanto al grado in cui viene pronunziata, ma all’intero giudizio, con il conseguente effetto di consolidamento dell’atto impositivo; ed è proprio dalla definitività dell’atto impositivo che inizia a decorrere il termine di prescrizione della pretesa tributaria, necessariamente incorporata nell’ atto impositivo, ovvero dalla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione, momento dal quale l’Amministrazione finanziaria può attivare la procedura di riscossione (fra l’altro, Cassazione n. 556/2016, n. 23922/2016, n. 21143/2015).

Quanto all’interesse a riassumere lo stesso ricade sempre sul contribuente vista la particolare natura impugnatoria del processo tributario. Infatti, dominando, anche in questa fase, il principio dell’interesse (articolo 100 cpc), la riassunzione verrà operata da quella delle parti che ha interesse ad ottenere una pronuncia conclusiva, non certo da quella per la quale l’estinzione dell’intero processo possa essere di vantaggio. Nel giudizio tributario l’unico ad avere interesse alla riassunzione è il contribuente (Cassazione n. 27306/2017 e n. 23502/2016).

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