Roma – Importanti novità nel settore economico finanziario. Ai cuochi professionisti di alberghi e ristoranti, che da sempre tengono alto il nome del Paese nel mondo, costretti a incrociare le braccia a causa della pandemia, l’ultimo Bilancio (articolo 1, commi da 117 a 123, legge n. 178/2020) assegna un nuovo credito d’imposta, commisurato al 40% delle spese sostenute per determinate tipologie di beni e servizi. L’inedito sconto fiscale rientra nel pacchetto delle altre misure di sostegno a uno dei settori più colpiti dall’emergenza sanitaria ed economica, attivate dal Governo con il decreto “Ristori”
Gli chef destinatari
Il legislatore, nel delineare l’ampio confine soggettivo dell’agevolazione fiscale, individua, quali beneficiari, tutti coloro che esercitano l’attività di cuoco professionista presso alberghi e ristoranti: questo l’unico requisito per accedere al “bonus chef 2021”. Non importa, infatti, che gli stessi siano dipendenti o lavoratori autonomi con partita Iva, anche se non in possesso del codice Ateco 5.2.2.1.0, quello che individua specificamente la categoria dei “cuochi in alberghi e ristoranti”. Ciò significa che il bonus può essere fruito, ad esempio, anche da chi lavora nelle stesse strutture in qualità di pasticcere o pizzaiolo.
Gli “oggetti” e la misura
Sono ammissibili al credito d’imposta le spese sostenute dagli chef, nel primo semestre 2021, per l’acquisto di beni strumentali durevoli – cioè di macchinari di classe energetica elevata, utili per la conservazione la lavorazione, la trasformazione e la cottura dei prodotti alimentari e, in generale, di strumenti e attrezzature professionali per la ristorazione – ma anche per la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale, strettamente funzionali allo svolgimento dell’attività.
L’agevolazione, come detto fruibile nella misura del 40% dei costi sostenuti, spetta fino a un massimo di 6mila euro, nel limite massimo di spesa complessivo di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.
Lo sconto nella pratica
Il bonus è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite modello F24, è escluso da Irpef e Irap e non concorre alla determinazione del rapporto di deducibilità (articoli 61 e 109, comma 5, del Tuir). Inoltre, come tanti altri crediti d’imposta, può essere ceduto ad altri, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.
Questa la struttura portante dell’agevolazione che, in base al penultimo dei commi regolatori – il 122 – prenderà forma, entro sessanta giorni dallo scorso 1° gennaio, con un decreto del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con, il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e con quello dell’Economia e delle Finanze. Il Dm fisserà, infatti, i criteri e le modalità di attuazione del beneficio, in particolare, con riguardo alle procedure di concessione, che devono sempre tener d’occhio il limite di spesa previsto, alla documentazione richiesta, alle condizioni di revoca e all’effettuazione dei controlli. E, facile previsione, a chiudere il cerchio sarà l’istituzione del codice tributo che ne consentirà l’utilizzo in compensazione.
Il “bonus chef”, chiude la norma al comma 123, spetta nel “Quadro temporaneo” sugli aiuti di stato a sostegno dell’economia, i cui limiti e condizioni sono stati dettati dalla Commissione europea nella comunicazione C(2020) 1863 final, del 19 marzo 2020.