Roma – La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21108 del 2 ottobre 2020, ha affermato che il riconoscimento dell’esenzione da IVA, prevista dall’art. 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. n. 633/1972, a favore del chiropratico che rende una prestazione di cura alla persona, richiede l’accertamento che la prestazione garantisca un sufficiente livello di qualità e che il chiropratico sia munito di una formazione adeguata
somministrata da istituti di insegnamento riconosciuti dallo Stato, anche in mancanza dell’istituzione del registro dei dottori in chiropratica e dell’attivazione del relativo corso di laurea magistrale.
L’art. 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che l’esenzione dall’IVA si applica alle “prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.
A sua volta, l’art. 99 del TULS prevede la possibilità di ampliare il novero delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie – che già comprende quelle dell’odontotecnico, dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi in quest’ultima categoria i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori – alle attività sanitarie sottoposte a vigilanza, purché si tratti di “arti che comunque abbiano rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie, secondo le norme che sono determinate nel decreto medesimo”.
La norma interna è conforme al diritto comunitario, il quale riserva l’esenzione alla prestazione diretta alla diagnosi, alla cura e, nella misura del possibile, alla guarigione di malattie o di problemi di salute, a condizione che sia resa nell’esercizio di una professione medica o paramedica, come definita dagli Stati membri.
Va anche detto che nella disciplina nazionale, l’attività di chiropratica è regolata in maniera frammentata e incompleta.
L’art. 2, comma 355, della Legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008) riconosce che il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore ed esercita la propria attività come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute e, quindi, annette validità scientifica e professionale in Italia all’attività di chiropratico.
Tuttavia, al di là dall’omessa istituzione del registro dei dottori in chiropratica, neanche il corso di laurea magistrale in chiropratica è stato attivato nell’ordinamento italiano.