Roma – Incentivare l’innovazione e la produttività, tutelare la salute pubblica e l’ambiente, contrastare le frodi e l’evasione, garantire l’equità della tassazione e ridurre le diseguaglianze.
Queste le priorità per cui il Fisco europeo può giocare un ruolo fondamentale, così come sottolineato dall’Annual Report on Taxation 2021, presentato di recente dalla Commissione.
In sostanza il report della Commissione analizza i cambiamenti dei sistemi fiscali dei Paesi membri basandosi sui dati del 2019 e, in alcuni casi, anche del 2020. Il gettito fiscale raggiunge il 40,1% del Pil nel 2019 segnando il livello massimo in Danimarca con il 46,1% e il minimo in Irlanda con il 22,1% e si inserisce in un trend di crescita costante dal 2011 in poi. Per il futuro le previsioni non sono ottimiste, a causa della crisi innescata dall’emergenza Covid-19, per cui la Commissione stima che solo nel 2022 le entrate tributarie ritorneranno ai livelli del 2019.
Per quanto riguarda le singole imposte, nell’Unione quella sui redditi delle persone fisiche nel 2020 si attesta a un valore medio di 38,7%, -0,5% rispetto al 2019, presentando un livello massimo in Danimarca (55%) e il minimo in Bulgaria con il 10%. Nel 2020 questa imposta ha subito una netta diminuzione in Irlanda dove l’aliquota più alta è passata dal 48% al 40% e in Svezia, dove è stata abolita la sovrattassa sui redditi più elevati. L’imposta sulla tassazione dei redditi societari, inoltre, continua a diminuire, è passata infatti da un valore medio del 21,9% del 2019 al 21,5% del 2020.
Sul fronte dei redditi da lavoro, si evidenzia il livello abbastanza elevato per un lavoratore single europeo del cuneo fiscale che, anche se diminuito, nel 2020 si attesta al 39,7%, sempre al di sopra della media Ocse del 36%. Negli ultimi anni la diminuzione più consistente è stata registrata in Romania, Ungheria e Belgio, l’aumento, invece, in Portogallo, Slovacchia e a Malta.
Il report mostra, inoltre, come le cosiddette tasse ambientali (ad esempio, l’imposta sull’emissione di sostanze inquinanti, quella sulla plastica, etc.) abbiano rappresentato nel 2019 il 6% del totale delle entrate fiscali nell’Unione, spaziando da un minimo del 4,4% in Germania e Lussemburgo a un massimo del 10,3% in Bulgaria.
Pochi cambiamenti per le imposte sui consumi, invece. Ad esempio, nessun Paese Ue ha modificato l’Iva, per cui rimangono comunque molto forti le disparità nazionali: si va da un’aliquota del 17% in Lussemburgo al 27% in Ungheria.
I dati esposti nel volume mostrano invece un aumento del ricorso alle imposte per la tutela della salute: per i governi la tassazione sembra essere stata considerata uno strumento utile per ridurre il consumo di tabacco ed alcool. Nel 2020, inoltre, 7 Stati Ue hanno introdotto un’accisa sulle soft drinks.
Per supportare la produttività e la crescita occorre ridurre i costi della tax compliance, sottolinea l’Ue, ovvero il tempo e il denaro impiegato da contribuenti e imprese per adempiere ai propri obblighi tributari. Più il sistema fiscale è percepito come qualcosa di semplice e stabile, più aumenta la tax morale dei cittadini, cioè la propensione a pagare le imposte. Complessità tributaria e incertezza normativa impattano negativamente sul rapporto fisco-cittadini.
La Commissione stima che le entrate perse ogni anno per frodi ed evasione fiscale siano tra i 35 e i 70 miliardi di euro, che il gap dell’Iva ammonti a 140miliardi nel 2018 e che le frodi relative a questa imposta abbiano un valore annuo di circa 50 miliardi. Secondo il report Ue, è importante rafforzare la digitalizzazione delle Amministrazioni fiscali e lo scambio di informazioni in chiave antievasione. Il report, inoltre, illustra le misure che gli Stati Ue hanno messo in campo nel biennio 2019-2020 per combattere l’evasione e le frodi.
Il documento di Bruxelles sottolinea anche inoltre come il sistema fiscale giochi un ruolo fondamentale per ridurre le diseguaglianze e per garantire la coesione e l’equità sociale e intergenerazionale. Tra il 2008 e il 2019, evidenzia il documento, le diseguaglianze economiche sono aumentate in 10 Stati membri, tra cui Bulgaria, Lussemburgo, Svezia, Danimarca e Italia. Sono diminuite, invece, in 13 Stati, tra cui Portogallo, Belgio, Grecia e Polonia.