ROMA – I contributi aggiuntivi destinati alle farmacie per le medicine erogate in regime di Servizio sanitario nazionale durante la pandemia sono da considerare fuori dal campo Iva, come gli altri sostegni economici riconosciuti in via eccezionale durante la pandemia, di conseguenza, non devono confluire tra le somme soggette all’imposta sul valore aggiunto in sede di liquidazione periodica e non incrementano l’imponibile quali componenti accessori del rimborso ordinario farmaci effettuato dal Ssn.
Sotto i riflettori è la remunerazione aggiuntiva destinata alle farmacie, prevista dal decreto del ministero della Salute dell’11 agosto 2021, in applicazione dell’articolo 41 del decreto “Sostegni”, a favore di un settore che si è trovato in prima linea nel periodo di emergenza epidemiologica.
La pronuncia del fisco n. 227 del 28 aprile 2022 dell’Agenzia risolve le perplessità del titolare di una farmacia che, a differenza di quanto sostenuto da Federfarma, secondo cui le remunerazioni in questione non modificano i prezzi del farmaco e di conseguenza non sono soggette a Iva, ritiene tali somme rilevanti per l’imposta sul valore aggiunto. L’istante reputa, infatti integrati, ai fini dell’imposta, sia il presupposto oggettivo, perché la sovvenzione è connessa alla cessione di beni, che soggettivo, in quanto relativa all’attività d’impresa. Soddisfatto anche il presupposto territoriale visto che la vendita dei farmaci è effettuata in Italia.
L’Agenzia delle entrate, ricalcando, in sostanza, il contenuto della risposta n. 219/2022 conferma, in contrasto con l’istante, che gli aiuti accessori erogati dal Servizio sanitario nazionale non rientrano nel campo Iva.
Ricorda, infatti, che un’operazione è soggetta all’imposta sul valore aggiunto se realizzata a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere e cioè quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive (circolari n. 34/2013 e n. 20/2015).
Il contributo oggetto dell’interpello, invece, precisa espressamente il decreto che l’ha introdotto, rappresenta un sostegno alle imprese connesso al Covid-19. Inoltre, è riconosciuto per un periodo limitato di tempo (1° settembre 2021-31 dicembre 2022) e non concorre alla determinazione della spesa farmaceutica convenzionata.
In sintesi, la somma accessoria in questione non costituisce un compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto dal titolare della farmacia, si tratta, invece di un vero e proprio ristoro che, come altri contributi a fondo perduto corrisposti per contrastare la pandemia, non ricade nel campo di applicazione dell’Iva e, di conseguenza, non confluisce nella relativa liquidazione periodica.