Inammissibile il ricorso cartaceo scansionato e notificato via Pec

La violazione delle disposizioni tecniche relative alla formazione del documento informatico che si sostanzia nell’assenza della firma digitale comporta l’inesistenza giuridica dell’atto

Roma – Il ricorso tributario redatto in forma cartacea, sottoscritto manualmente, scannerizzato e notificato a mezzo Pec è inammissibile, in quanto privo della natura di “documento informatico” processualmente rilevante, caratteristica che sussiste soltanto laddove l’atto sia sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, vale a dire attraverso una modalità che garantisce in maniera manifesta e inequivoca la sua riconducibilità all’autore.
Così si è espressa la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, nella sentenza n. 946 del 10 ottobre 2022, per la quale la violazione delle regole tecniche relative alla formazione del documento informatico che si sostanzia nell’assenza della firma digitale comporta l’inesistenza giuridica dell’atto.

La vicenda processuale
Nel corso del 2021, una banca proponeva ricorso avverso l’avviso di liquidazione emesso nei suoi confronti dal competente ufficio dell’Agenzia.
La Commissione tributaria provinciale di Torino dichiarava inammissibile il gravame perché redatto in forma di documento analogico, sottoscritto manualmente, scannerizzato e notificato a mezzo Pec.
In sede di appello, l’istituto bancario censurava il verdetto del collegio provinciale deducendo che il ricorso aveva raggiunto lo scopo perché si era ritualmente incardinato il contraddittorio e sostenendo, altresì, che la nullità processuale dell’atto redatto in forma analogica non sarebbe prevista da alcuna norma di legge primaria, ma soltanto da alcune disposizioni regolamentari, con la conseguenza che non poteva dichiararsi la nullità, prevista soltanto in ipotesi tassative.

La pronuncia del collegio regionale
Con la sentenza in rassegna, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte ha confermato il decisum di prime cure.
In particolare, ricordano i giudici torinesi, l’articolo 16, comma 3, del Dlgs n. 546/1992, stabilisce, tra l’altro, la regola generale per la quale le parti notificano e depositano gli atti e i documenti relativi al giudizio “esclusivamente con modalità telematiche”, secondo le disposizioni contenute nel decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze n. 163/2013, e nei successivi decreti di attuazione.
A sua volta, si legge nella sentenza in commento, l’articolo 5 dello stesso Dm “dispone che le notificazioni telematiche devono essere effettuate mediante l’utilizzo di documenti informatici nativi, in formato pdf/A 1a o pdf/A 1b, e devono essere sottoscritti con firma digitale (art. 10 D.M. 4.8.2015)”.
La pronuncia in commento puntualizza poi – e questo appare il passaggio più significativo – che, ai sensi di legge, per poter acquisire la natura di “documento informatico” processualmente rilevante, quest’ultimo deve essere sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale vale a dire attraverso una modalità che, tra l’altro, garantisce in maniera manifesta e inequivoca la sua riconducibilità all’autore.
In definitiva, conclude la Corte di appello piemontese, la violazione delle regole tecniche relative alla formazione del documento informatico che si sostanzia nell’assenza della firma digitale comporta che l’atto non può essere qualificato come atto scritto e che lo stesso non è riferibile al soggetto che l’ha soltanto apparentemente sottoscritto, determinandosi non la mera nullità ma l’inesistenza giuridica del medesimo.

Osservazioni
Con riguardo alla vicenda in rassegna appare opportuno riepilogare a grandi linee il quadro normativo di riferimento.
In particolare, va ricordato che l’articolo 9, comma 1, lettera h), del Dlgs. n. 156/2015 ha inserito nel Dlgs n. 546/1992 l’articolo 16-bis, il cui comma 3 ha previsto la facoltà per le parti di utilizzare le modalità telematiche di notifica e deposito nel processo tributario.
Nel tempo, il processo tributario telematico (Ptt), seppure in via soltanto facoltativa, è stato gradualmente esteso sul territorio nazionale, attraverso appositi decreti direttoriali e, dal 15 luglio 2017, è divenuto operativo presso tutte le Commissioni tributarie provinciali e regionali.
Successivamente, l’articolo 16, del decreto legge n. 119/2018 ha sostituito il comma 3 del citato articolo 16-bis, rendendo obbligatorio l’utilizzo del Ptt con riguardo ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019; a sua volta, l’articolo 29 del Dl n. 29/2020, ha introdotto l’obbligo, tra gli altri, per gli enti impositori, gli agenti della riscossione e le parti assistite da un difensore abilitato, che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche, di notificare e depositare gli atti successivi, nonché i provvedimenti giurisdizionali, esclusivamente con le modalità telematiche.
Il quadro legislativo primario di cui sopra è completato dalla disciplina regolamentare che concerne le regole tecniche del Ptt e che, per quanto di interesse in questa sede, prevede, tra l’altro (articolo 10 del Dm 4 agosto 2015), che il ricorso e ogni altro atto processuale in forma di documento informatico “rispettano i seguenti requisiti: a) sono in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b” e “d) sono sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale…”.
In sostanza, oltre all’obbligatorietà dell’utilizzo del mezzo telematico per la notificazione e il deposito degli atti, la disciplina in materia di processo tributario telematico prevede anche particolari requisiti formali in ordine agli atti che, avvalendosi dello strumento informatico, hanno come destinatari le altre parti o il giudice.
Come spiegato nella sentenza in commento, la violazione delle norme tecniche non può determinare una semplice mera irregolarità, perché contravvenendo alle stesse viene violata la norma primaria di cui all’articolo 16-bis del Dlgs n. 546/1992, il quale rinvia alle disposizioni regolamentari di carattere tecnico, il cui rispetto è essenziale per verificare se il precetto primario è stato rispettato.
In questo quadro, dunque, la violazione delle regole circa la sottoscrizione informatica dell’atto fa sì che quest’ultimo né possa essere qualificato come atto scritto né possa essere riferibile a colui che ne appare il firmatario, costituendo la sottoscrizione un requisito essenziale ai fini della validità dell’atto.
D’altra parte, anche rispetto al ricorso cartaceo, il combinato disposto dei commi 3 e 4 dell’articolo 18 del Dlgs n. 546/1992 sancisce l’inammissibilità dell’impugnazione ove il gravame sia privo di sottoscrizione.
In definitiva, le conclusioni rassegnate dal collegio tributario piemontese appaiono in linea con il quadro normativo di riferimento e con i principi generali in tema di sottoscrizione degli atti del processo.

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