Roma – La Corte costituzionale, con la sentenza n. 47 del 21 marzo 2023, ha chiarito che la mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, limitato a specifiche fattispecie, risulta in controtendenza rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale. Ma, dalla pluralità dei moduli procedimentali legislativamente previsti e dal loro ambito applicativo, emerge la difficoltà di assumere una di esse a modello generale.
La questione di legittimità costituzionale perviene alla Consulta, a seguito di ordinanza di rimessione della Ctr Toscana, che dubitava, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 7, legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), nella parte in cui non estende il diritto al contraddittorio endoprocedimentale a tutte le modalità di accertamento in rettifica poste in essere.
La norma richiamata disciplina gli accertamenti fiscali preceduti da accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali del contribuente (le cosiddette verifiche in loco). Nel prevedere i diritti e le garanzie del soggetto sottoposto a tali accertamenti, il comma 7 citato impone all’Amministrazione finanziaria la compilazione del processo verbale di chiusura delle operazioni di indagine da parte degli organi di controllo, il suo rilascio al contribuente, il decorso di un termine dilatorio di sessanta giorni prima dell’adozione dell’avviso di accertamento, durante il quale questi può presentare osservazioni e, in caso di mancato accoglimento delle stesse, un obbligo di motivazione rafforzato. Tuttavia, questo specifico iter procedimentale, incentrato sulla garanzia del contraddittorio, è prescritto solamente qualora l’istruttoria sia stata realizzata accedendo ai locali di pertinenza del contribuente.
Ad avviso della Ctr Toscana, quindi, il sistema procedimentale tributario sarebbe caratterizzato da un’ingiustificata disparità di trattamento tra le verifiche precedute da accessi in loco, disciplinate appunto dal censurato articolo 12, comma 7, e le cosiddette verifiche “a tavolino”, che si svolgono cioè presso gli uffici dell’Agenzia o con i dati di cui essa ha la disponibilità.
Per queste ultime, infatti, salvo norme ad hoc relative a specifiche e tipizzate fattispecie, non è previsto un generale obbligo di contraddittorio preventivo con il contribuente, che a parere dei giudici toscani sarebbe auspicabile, poiché il contribuente dovrebbe essere messo in condizione di fornire elementi utili a verificare la fondatezza della pretesa tributaria ogniqualvolta vengano svolte, nei suoi confronti, verifiche fiscali sia presso i locali di sua pertinenza, sia presso gli uffici dell’amministrazione.
La Consulta ritiene inammissibile la questione di legittimità costituzionale a essa sottoposta, ma ciò non le impedisce di formulare interessanti considerazioni in materia.
In primo luogo, la Corte costituzionale osserva che manca, nel vigente sistema tributario, una disciplina positiva che generalizzi, in capo all’Amministrazione finanziaria, l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, al di fuori delle fattispecie normative in cui ciò è espressamente previsto. Tuttavia, la Corte evidenzia che, pur a fronte della carenza richiamata, si è assistito a progressive e ripetute aperture del legislatore, che hanno reso obbligatorio, in un sempre più consistente numero di ipotesi, il contraddittorio endoprocedimentale. Si tratta di disposizioni specifiche, che prescrivono l’interlocuzione preventiva con il contribuente con modalità ed effetti differentemente declinati a seconda della dinamica istruttoria seguita dall’Amministrazione e delle esigenze, di matrice tipicamente collaborativa o più prettamente difensiva, a essa sottese.
In questo senso, ricorda il giudice delle leggi, sussiste nell’ordinamento l’articolo 38, comma 7, Dpr n. 600/1973, in relazione alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche, che prescrive, a pena di nullità, che l’ufficio convochi il contribuente e, poi, avvii il procedimento di accertamento previsto dall’articolo 5 del Dlgs 218/1997. Analogo iter è previsto per l’accertamento legato agli studi di settore, ex art. 10, comma 3-bis, n. legge 146/1998. Inoltre, nelle ipotesi di controllo automatizzato delle dichiarazioni dei redditi (articolo 36-bis, Dpr 600/1973) e di controllo formale (articolo 36-ter del medesimo decreto), l’esito, rispettivamente, della liquidazione o del controllo devono essere, a pena di nullità, comunicati al contribuente, il quale, entro il successivo termine di trenta giorni, può fornire i necessari chiarimenti. Ciò, ovviamente, ove vi sia incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione.
Tra le principali ipotesi tipizzate di contraddittorio endoprocedimentale si pone, poi, l’articolo 10-bis dello Statuto contribuente che, dopo aver introdotto la clausola generale antielusiva, impone, a pena di nullità, una preventiva richiesta di chiarimenti rivolta al contribuente, caratterizzata dalla precisa indicazione degli elementi che portano a ritenere configurabile l’abuso del diritto, cui segue la concessione di un termine dilatorio di sessanta giorni, durante il quale al contribuente stesso è data la possibilità di comunicare i chiarimenti sollecitati dall’ufficio e dei quali l’amministrazione è obbligata a tenere conto in sede di motivazione dell’atto impositivo.
Tuttavia, osserva la Consulta, alla frammentazione delle norme sul contraddittorio propria del diritto interno, si contrappone la previsione, in capo all’amministrazione tributaria, di un obbligo generale di attivarlo, ogniqualvolta adotti decisioni che rientrano nella sfera di applicazione del diritto europeo. Infatti, proprio il rispetto dei principi fondamentali del diritto europeo implica, secondo la giurisprudenza di legittimità, che, nell’accertamento dei cosiddetti “tributi armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, vige un generale obbligo dell’Amministrazione di instaurare un’interlocuzione preventiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare all’invalidità dell’atto impositivo, ma solo se questi assolve alla “prova di resistenza”, allegando le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede procedimentale e il conseguente pregiudizio sostanziale subito (cfr Cassazione, pronunce nn. 24823/2015, 9076/2021, 7690/2020, 24699/2019, e 17897/2019).
L’esigenza di superare la disarmonia del vigente sistema tributario, per cui non sussiste un obbligo generale di attivare il contraddittorio con il contribuente al di fuori delle ipotesi espressamente previste, ha portato a un nuovo intervento del legislatore: l’articolo 4-octies del Dl n. 34/2019, ha, infatti, introdotto, l’articolo 5-ter al Dlgs 218/1997, in forza del quale, prima di emettere un avviso di accertamento, l’ufficio deve notificare al contribuente l’invito a comparire per avviare il procedimento di accertamento con adesione (comma 1); in caso di mancato accoglimento dei chiarimenti forniti nel corso del contraddittorio, è imposto all’amministrazione un obbligo di motivazione rinforzata (comma 3).
Con un intervento come quello da ultimo esposto, la Corte costituzionale evidenzia la sussistenza di un’evoluzione del sistema tale per cui l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale non costituisce più un’ipotesi residuale, ma aspira ad assurgere a principio generale (cfr anche Corte costituzionale, sentenze n. 71/2015 e n. 210/1995), anche in ambito tributario, dove detto contraddittorio da un lato, persegue lo scopo di “ottimizzare” l’azione di controllo fiscale, risultando così strumentale al buon andamento dell’Amministrazione finanziaria e dall’altro, garantisce i diritti del contribuente, permettendogli di neutralizzare, sin dalla fase amministrativa, eventuali errori a lui pregiudizievoli.
Secondo la Consulta, la mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale.
Tuttavia, dalla pluralità dei moduli procedimentali legislativamente previsti e dal loro ambito applicativo, emerge con evidenza la varietà e la frammentarietà delle norme che disciplinano l’istituto e la difficoltà di assumere una di esse a modello generale.
In definitiva, di fronte alla molteplicità di strutture e di forme che il contraddittorio endoprocedimentale ha assunto e può assumere in ambito tributario, spetta al legislatore, nel rispetto dei principi costituzionali evidenziati, il compito di adeguare il diritto vigente, scegliendo tra diverse possibili opzioni che tengano conto e bilancino i differenti interessi in gioco, in particolare assegnando adeguato rilievo al contraddittorio con i contribuenti.