A tal proposito occorre valutare la pronuncia della Corte di Giustizia di secondo grado delle Marche con la sentenza n. 195/01/2023 che ha ammesso, sia pure entro determinati limiti, la possibilità che alcune prestazioni siano rese dal professionista in forma gratuita.
Secondo quanto precisato dal giudice di secondo grado, le prestazioni fatturate da un professionista nei confronti di amici e parenti, possono essere giustificabili purché contenute entro determinati limiti.
Nel caso preso in esame le contestazioni fiscali delle entrate riguardavano uno studio notarile. Secondo il collegio giudicante se i compensi non sono stati percepiti non sussisteva alcun obbligo di fatturazione. Nel caso in esame, la pronuncia favorevole al contribuente è stata possibile esaminando in dettaglio la situazione in punto di fatto. Infatti, i servizi professionali gratuiti sono stati resi nei confronti di soli cinque soggetti rispetto a 605 clienti complessivi nell’anno. In senso conforme si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21972 del 2015.
Secondo la giurisprudenza la gratuità delle prestazioni non deve necessariamente desumersi da un accordo scritto. Infatti, può essere il frutto di accordi anche verbali che escludono il diritto del professionista alla percezione del compenso. L’accordo in tal senso può desumersi dal comportamento concludente, oppure dalla proposta del professionista accettata dal cliente, come riporta anche FiscalFocus.
Per la Cassazione, ed in particolare sulla base della sentenza n. 19966 del 2005, l’onerosità della prestazione non è essenziale ai fini della validità del contratto d’opera professionale. In buona sostanza non sarebbe irragionevole ipotizzare la gratuità di alcune prestazioni professionali. La gratuità delle prestazioni di servizi può essere “consentita al professionista per i motivi più vari e che possono consistere nell’affectio o nella benevolentia, o in considerazioni di ordine sociale o di convenienza, anche con riguardo ad un personale ed indiretto vantaggio”.