Rimborso accise sul gasolio, la Corte di Giustizia Ue: “possibile solo per trasporto passeggeri”

Gli obiettivi delle disposizioni Ue attuano esigenze di tutela dell’ambiente, incoraggiando la riduzione del divario tra la tassazione del carburante non commerciale come propellente e quella della benzina

Roma – La Corte di giustizia Ue, con la sentenza del 16 ottobre 2023 ha stabilito che il gasolio consumato nei tragitti effettuati a fini di riparazione, manutenzione o rifornimento di carburante dei veicoli adibiti al trasporto di passeggeri non rientra nella nozione di “gasolio commerciale utilizzato come propellente”: pertanto, le relative accise non possono essere oggetto di rimborso, atteso che non si tratta di servizi accessori connessi al servizio di trasporto di passeggeri.

Il caso  in esame è quello di una impresa stabilita in Ungheria, che esercita un’attività di trasporto di passeggeri con autobus sulla base di un contratto di servizio pubblico, chiedeva il rimborso delle accise sul gasolio da essa utilizzato nell’ambito di tale attività.
Dopo aver constatato che l’impresa in questione aveva fatto valere il suo diritto al rimborso delle accise relative non soltanto al gasolio consumato per l’esercizio di tale attività di trasporto, ma anche a quello consumato nel corso di tragitti connessi alla manutenzione e al rifornimento di carburante dei veicoli, la direzione per il contenzioso adottava una decisione che constatava l’illegittimità del rimborso delle accise relative al carburante utilizzato per i tragitti in discussione e aumentava, di conseguenza, le accise sui prodotti energetici combustibili dovute dall’impresa, per un determinato anno.
Dinanzi alla Corte ungherese di Pécs, la direzione per il contenzioso riteneva che solo le prestazioni che si ricollegavano a un obbligo principale potevano essere qualificate come servizi accessori.
Per quanto riguardava il trasporto di passeggeri, tale ipotesi ricorreva nel caso delle prestazioni di servizi a titolo oneroso fornite dal vettore ai passeggeri come, in particolare, il trasporto di bagagli, biciclette o animali. Per contro, poiché i passeggeri non erano i destinatari delle prestazioni di servizi di riparazione o manutenzione dei veicoli, queste ultime non potevano rientrare nella nozione di “servizio accessorio”.
La direzione ne deduceva che le accise relative al gasolio consumato in occasione di tragitti effettuati per la riparazione o la manutenzione di veicoli destinati al trasporto di passeggeri non potevano essere oggetto di rimborso, dal momento che non si trattava di servizi accessori connessi al servizio di trasporto di passeggeri. L’impresa, di contro, sosteneva che, per quanto riguardava gli autobus alimentati a gas naturale, la legge nazionale sulle accise consentiva il rimborso di tali accise relative al gas utilizzato per “attività” e non solo per il trasporto dei passeggeri in senso stretto, cosicché sarebbe ingiustificato che una norma diversa disciplinasse il rimborso delle accise sul gasolio.

Questione pregiudiziale
È in tale contesto che la Corte di Pécs ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

  • se la decisione adottata nel presente procedimento dall’Amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane ungherese e la prassi seguita da tale autorità, secondo cui “non rientrano nell’ambito del trasporto regolare di passeggeri né il chilometraggio necessario per la manutenzione dei mezzi di trasporto regolare di passeggeri, né il chilometraggio necessario per il rifornimento di carburante”, siano compatibili con le disposizioni della direttiva 2003/96/Ce del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.

La decisione
La Corte di giustizia premette, riguardo l’articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva di cui sopra, che dalla locuzione “utilizzato come propellente (…) ai fini (…) [del] trasporto regolare o occasionale di passeggeri, effettuato con un autoveicolo delle categorie M2 o M3” in combinato disposto con la parte A, punto 1, dell’allegato II della direttiva 2007/46, come successivamente modificata risulta che, per rientrare nell’ambito della disposizione in parola, il gasolio deve non soltanto essere utilizzato da un veicolo progettato e costruito per il trasporto di passeggeri, ma che deve esserlo ai fini del trasporto di passeggeri.

La nozione di “gasolio commerciale utilizzato come propellente” risponde, quindi, a un doppio criterio fondato al contempo sulla categoria in cui rientra l’autoveicolo in discussione e sui fini per i quali il gasolio è utilizzato.
Pertanto, rientra nell’ambito di detta nozione, il gasolio consumato da un autoveicolo di categoria M2 o M3 in occasione di tragitti che servono direttamente alla prestazione di un servizio di trasporto passeggeri: una simile ipotesi ricorre, in particolare, nel caso del tragitto effettuato tra il deposito di autobus e la prima banchina di partenza dei passeggeri nonché il percorso di ritorno al deposito dopo la discesa dei passeggeri.
Per contro – continuano i togati comunitari – i tragitti effettuati esclusivamente a fini di riparazione, manutenzione o rifornimento di carburante dei veicoli interessati, in quanto sono, in linea di principio, realizzati “a vuoto” e non sono neppure destinati a imbarcare passeggeri, non possono essere qualificati come “trasporto di passeggeri” dal momento che non servono direttamente alla prestazione di tale servizio.

Ciò posto, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/96 dispone che la facoltà concessa agli Stati membri di prevedere livelli di tassazione diversi a seconda dell’uso, commerciale o non commerciale, del gasolio utilizzato come propellente è soggetta al rispetto dei livelli minimi di tassazione stabiliti dalla direttiva richiamata. Inoltre, la disposizione in parola impedisce agli Stati membri di fissare l’aliquota di tassazione del gasolio commerciale a un livello inferiore all’aliquota nazionale in vigore al 1° gennaio 2003. Gli elementi citati indicano che l’entrata in vigore di detta direttiva non doveva comportare una diminuzione del livello di tassazione del gasolio commerciale.
Quindi, secondo la Corte di giustizia, la nozione di “gasolio commerciale utilizzato come propellente” non può essere oggetto di un’interpretazione estensiva.
Inoltre, l’interpretazione letterale dell’articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva in parola, è confermata dagli obiettivi perseguiti dalla direttiva stessa, miranti segnatamente ad attuare esigenze di tutela dell’ambiente, in particolare incoraggiando la riduzione del divario tra la tassazione del gasolio non commerciale come propellente e quella della benzina.
Quindi – conclude la Corte di giustizia – un’interpretazione restrittiva della nozione in questione consente di contribuire al contempo alla realizzazione dell’obiettivo di politica ambientale perseguito, dal momento che limita le possibilità di beneficiare di un’aliquota ridotta e incoraggia, quindi, a ridurre il consumo totale di carburante, nonché a quella dell’obiettivo di promuovere il corretto funzionamento del mercato interno, garantendo un maggiore ravvicinamento dei livelli di tassazione del gasolio.

Conclusioni
L’articolo 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, deve essere interpretato nel senso che il gasolio consumato in occasione di tragitti effettuati a fini di riparazione, manutenzione o rifornimento di carburante dei veicoli adibiti al trasporto di passeggeri non rientra nella nozione di “gasolio commerciale utilizzato come propellente”, ai sensi di tale disposizione.

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